La relazione di coppia dopo la pandemia
Chi non ricorda con un po’ di nostalgia la sit-com “Casa Vianello” di qualche tempo fa, condotta da Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, dove Sandra, al termine di ogni puntata, immancabilmente pronunciava: “Che barba che noia, che noia che barba! Sempre io e te, te e io!”. Quale migliore rappresentazione della condizione che abbiamo vissuto negli ultimi due anni? Chi di noi non si è sentito un po’ Sandra o un po’ Raimondo, alle prese con la noia e la sopportazione?
Separazione, distanziamento, chiusura: termini divenuti quotidiani nella vita delle persone da più di due anni. A causa della pandemia, la popolazione ha dovuto modificare necessariamente le proprie abitudini ed è stata costretta a vivere per lungo tempo nelle proprie abitazioni, senza la possibilità di avere contatto con amici e parenti. Questo ha comportato un notevole mutamento nell’equilibrio delle relazioni e in modo particolare nei rapporti di coppia. Lo evidenzia una statistica dell’ISTAT pubblicata nel febbraio del 2021, che riporta i dati delle unioni nel 2020.
La pandemia ha indotto molte persone a rinviare o rinunciare alle nozze. I matrimoni celebrati sono stati il 47,4% in meno rispetto al 2019, in particolare quelli con rito religioso sono calati del 67,9%. Anche le unioni civili tra partner dello stesso sesso sono diminuite del 33%. Il clima di incertezza e instabilità, la paura dei contagi e del futuro non hanno certo favorito le relazioni di coppia, incrementando così le separazioni e i divorzi che, secondo la statistica citata, sono aumentati nel corso del 2021 del 11,1%. Può sembrare un paradosso pensare che la troppa vicinanza e la costrizione a trascorrere molto tempo con la persona amata siano dannose, eppure la dottoressa Valeria Randone, specialista in sessuologia clinica e psicologa, in un articolo pubblicato su “La Stampa” del 16 febbraio 2021, riporta la propria esperienza, raccontando di come molte coppie si siano rivolte a lei per risolvere il loro disagio o per sanare la loro relazione, proprio a seguito delle restrizioni in corso. La dottoressa descrive le cause di tanti malesseri, riconducendole proprio alla mancanza di trovare i propri spazi, di potersi allontanare dal proprio partner, di non poter avere momenti di distacco necessari alla relazione, spezzando la routine quotidiana anche solo per recarsi al lavoro o vedere un amico. Le conseguenze di tutto ciò sono state il “calo del desiderio sessuale da usura emotiva ed eccesso di ansia e stress” (Valeria Randone, https://www.lastampa.it/cultura/2021/02/17/news/cosi-il-covid-diventa-nemico-dell-amore-e-mette-in-crisi-le-coppie-1.39910553/ , 16 febbraio 2021). Ad aggravare una condizione già difficoltosa, si è aggiunto Il telelavoro, che ha costretto a rinunciare alla propria privacy, mescolando e intrecciando ruoli già ben definiti; entrambi i partner si sono ritrovati a condividere 24 ore al giorno gli stessi spazi, affrontando anche la gestione dei figli durante l’intera giornata, data la loro impossibilità di recarsi all’asilo o a scuola. Ogni soggetto all’interno della famiglia si è trovato dunque improvvisamente privato dei propri spazi e questo ha indubbiamente generato confusione, tensioni e incomprensioni e creato i presupposti perché oggi, a due anni di distanza dall’inizio della pandemia, molte coppie siano persino “scoppiate”.
Come trovare pertanto la chiave per recuperare la relazione di coppia ormai scricchiolante? Un primo passo potrebbe essere quello di fermarsi e guardarsi dentro per recuperare prima di tutto la relazione con sé stessi, i propri bisogni, i propri desideri, il proprio sentire. A volte, ciò che si manifesta nella relazione amorosa è il frutto dei vissuti pregressi. Ci sono persone che tendono a dipendere troppo dall’altro, mettendo persino in discussione la propria identità; nel periodo appena trascorso hanno accentuato il loro comportamento, entrando così in un loop ossessivo di conferme che non vengono mai soddisfatte pienamente. Un meccanismo ben descritto dalla Dottoressa Erica Francesca Poli in un’interessante conferenza sulle dipendenze affettive, inserita nel progetto “Femminilmente” del marzo 2014, “La sindrome di Eco” (Erica Francesca Poli https://www.youtube.com/watch?v=JMoQFVirO0g, marzo 2014) : “… come se fossimo in presenza di una dipendenza da una sostanza…come una pandemia molto diffusa che testimonia un malessere dell’epoca che stiamo vivendo…”; prosegue spiegando l’ambivalenza di tale condizione: ”… c’è anche il lato ombra della dipendenza; essere sempre pronti per l’altro è anche un modo per controllare la relazione…ma ha anche un risvolto dentro di sé di imprigionarsi a propria volta…”.
La dipendenza affettiva si verifica prevalentemente in presenza di persone che tendono a offendere, umiliare e ferire il proprio partner, manifestando insicurezza; dall’altro canto, il partner che subisce e che ha la necessità di essere riconosciuto e di poter affermare la propria identità attraverso l’altro, fa l’eco appunto dell’altra persona. La dottoressa Poli afferma che “la relazione di coppia è la relazione con l’altro” e non di rispecchiamento nell’altro. “…Narciso è l’identità assoluta che non sa, non vuole e non può conoscere l’altro; Eco è alterità assoluta che non conosce…”. Vi è in sostanza una carenza affettiva che viene risolta in modi diversi nei due partner; il narcisista si convince che è perfetto, perché cresciuto con l’intento di dover essere il migliore, il “bravo bambino”, mentre l’altra persona crede di non valere nulla e si addossa la colpa delle azioni dell’altro, perché carente dell’autostima necessaria a riconoscere il proprio esistere.
La Dottoressa Poli suggerisce di coltivare due virtù, la pazienza e l’intuito, che possono aiutare la relazione a sanarsi. La pazienza intesa come “la presenza, la centratura di mantenere vivo il fuoco; la chiaroveggenza di vedere avanti”, la capacità, anche nelle situazioni difficili, di trovare la leggerezza del proprio intento e del proprio essere, di esprimere l’unicità che siamo e di saper aspettare e così comprendere i comportamenti dell’altro. La pazienza come virtù di sapersi muovere anche in uno spazio scomodo.
L’intuito invece è più legato alla dote femminile di sapere cogliere l’insieme delle situazioni e quindi la sua totalità, a differenza dell’attitudine maschile ad approcciarsi ad ogni accadimento in una modalità più analitica. L’intuito come conoscenza profonda che proviene dall’anima ed è quindi trascendente.
Ultimo ingrediente che può favorire la relazione è l’empatia, non però intesa come totale identificazione nell’altro, bensì come capacità di entrare in relazione con l’altro senza farsi travolgere da esso. A tal proposito, le tradizioni dei nativi americani ci suggeriscono rituali e pratiche che richiamano la connessione profonda con l’altro e con il creato. Pensiamo solo al saluto dei Maya “In Lak’ech Ala K’in” “Io sono te, e tu sei me”: è un vero e proprio onorarsi a vicenda. “Siamo in grado di dare ai nostri cuori quotidianamente degli input positivi semplicemente dicendo Aloha o In Lak’ech o Namastè o Wiracocha, gli uni agli altri, alle piante, al cielo, agli animali, alle stelle, ai sassi, alle montagne, al mare, ma anche al nostro prossimo vicino e lontano, alle situazioni della nostra vita, al nostro modo di essere, di sentire, di agire e di reagire nella consapevolezza di Ohana”: questo atteggiamento, descritto da Giovanna Garbuio (Giovanna Garbuio, https://www.giovannagarbuio.com/in-lakech-aloha-e-il-codice-del-cuore/ , 10 novembre 2017), è l’invito a camminare con il cuore, con la consapevolezza che tutto ha un cuore e per questo va rispettato e onorato. Guardare dunque alla relazione di coppia come ad un viaggio che percorrono due cuori che si scelgono quotidianamente, esattamente come fa la cellula quando si impianta nell’utero e dialoga con esso. Lasciare la libertà all’altro di essere semplicemente e di donarsi esattamente con i suoi difetti e pregi, anziché ostinarsi a volerlo cambiare, senza nemmeno comprendere chi è davvero.
Un’altra chiave per poter aprire la porta ad una nuova relazione è affidarsi ad un terapeuta o intraprendere un percorso di crescita personale attraverso molteplici strade: la psicoterapia, l’arteterapia, la musicoterapia o il counseling possono aiutare a creare l’unione perduta. O più semplicemente, prendere spunti dalla lettura di un libro come quello pubblicato con Anima Edizioni della Dottoressa Erica Francesca Poli, intitolato “Anatomia della Coppia” (Erica Francesca Poli, https://www.youtube.com/watch?v=nM-DJZivzQE, 02 febbraio 2016), dove l’autrice, attraverso un viaggio poetico e scientifico nelle trame della relazione amorosa, aiuta a comprendere come le emozioni e la comunicazione nella coppia siano determinanti affinché il rapporto possa essere duraturo e prospero. Vi sono infatti relazioni in cui prevale il bisogno dell’altro, in altre in cui prevale il desiderio e in altre ancora in cui vi è un’unione tale da permettere l’evoluzione e la crescita di entrambi. In questo periodo post pandemico, in cui stiamo vivendo lo smarrimento e la difficoltà di riprendere in modo costruttivo la vita sociale e di coppia, ricercare la complicità e l’intimità perduta, coltivare l’ardore e il desiderio attraverso il mistero, la sacralità e la ritualità della coppia stessa, può essere un primo passo verso una nuova armonia.
In questo periodo post pandemico, in cui viviamo lo smarrimento, la difficoltà di riprendere in modo costruttivo la vita sociale anche la vita di coppia è al bivio e fatica a ritrovarsi, forse è necessario ricercare la complicità e l’intimità perduta, coltivare l’ardore e il desiderio attraverso il mistero, la sacralità e la ritualità che è propria della coppia stessa, ciò può essere un primo passo verso una nuova relazione. Non dimentichiamoci che essere in unione con l’altro significa in primis esserlo con noi stessi.
L’amore non muore mai di morte naturale. Muore perché noi non sappiamo come rifornire la sua sorgente. Muore di cecità e di errori e tradimenti. Muore di malattia e di ferite, muore di stanchezza, per logorio o per opacità. (Anaïs Nin)