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Illimitati limiti. Lo specchio della modernità

È possibile ancora oggi, con facilità, addentrarsi tra i confini irreali di un labirinto di carta senza farsi alcuna domanda sulla complessità e sulla possibilità che l’uomo ha di riscatto rispetto all’incessante artificialità del mondo? 

Michelangelo Pistoletto risponde a questo quesito con diverse installazioni presenti alla mostra “Infinity”, allestita a Roma nel cortile del Chiostro del Bramante nel 2023, in occasione dei 90 anni del celebre artista. Scelgo di rendere omaggio a quello che posso definire come un “percorso narrativo”, più che una semplice mostra tradizionale, proprio per celebrare non solo la capacità dell’artista di connettere natura e tecnologia e di far dialogare gli opposti, ma anche come pretesto per raccontare le sincronicità che mi legano indirettamente a questo meraviglioso esponente del panorama artistico contemporaneo.

Conobbi Pistoletto durante una lezione di didattica musicale, nella quale il professore Enrico Strobino lo citò in occasione di un laboratorio musicale che realizzò con dei ragazzi di una scuola media, proprio nello stesso luogo dove Pistoletto installò il “Terzo Paradiso”, simbolo dell’equilibrio tra mondo artificiale e mondo naturale.

Già da allora rimasi affascinata dalla capacità di Pistoletto di cogliere le peculiarità del mondo e di trasmutarle in simbolo. Da allora la mia curiosità verso l’artista è rimasta sempre viva e, per sincronicità, lo scorso anno, durante la lezione sulla biofisica dell’acqua condotta dalla dottoressa Poli presso la Scuola Igea, ritrovai nuovamente Pistoletto con il suo labirinto di cartone, da lui definito “La pace preventiva”, ossia la capacità di trovare l’equilibrio, anche e soprattutto nei periodi di conflitto sia emotivo che sociale.

Per non dimenticare la sua genialità, a Natale dell’anno scorso mi viene regalato un magnifico libro dal titolo “Michelangelo Pistoletto – Infinity, l’arte contemporanea senza limiti”, una raccolta di una sua intervista nella quale Danilo Eccher dialoga sull’immortalità della memoria che viene trasmutata nell’immagine dei quadri specchianti, dove essi rappresentano la realtà composta dai suoni, dalle parole, dai segni che per Michelangelo divengono ricordi e memoria.

Pistoletto è un maestro nel mescolare suggestioni e installazioni evocative, quali ad esempio “La venere degli stracci”, definita dall’artista “Il consumo consumato che continua a consumarsi”, emblema della società attuale.

L’ultima sincronicità che mi riporta sempre a Pistoletto è accaduta il 24 marzo scorso. Mi trovavo ad Assisi a visitare il bosco di San Francesco, luogo recentemente riqualificato e bonificato dal FAI, all’interno del quale trovo installata una versione del “Terzo Paradiso” formata solo da alberi di ulivo; uno spettacolo unico.

L’opera di Pistoletto è collocata al termine del bosco che si raggiunge tramite un breve sentiero lungo il fiume Tescio, ed è ben visibile dall’alto nella sua interezza; è però possibile addentrarsi al suo interno, percependo così la sua finita infinitezza. Ad ogni passo sembra di camminare in un labirinto senza uscita, dove gli ulivi sembrano divenire pareti frastagliate che lasciano trasparire bellissimi giochi di luce.

Con Pistoletto i materiali divengono evocativi, vividi. Il cartone, gli specchi, gli stracci, le illuminazioni sono simboli che rimandano ad altre dimensioni e realtà, proprio come una rappresentazione dell’inconscio che attraverso archetipi e simboli comunica alla coscienza.

Le sue installazioni sono concetti contrastanti, opposti, che suscitano emozioni altrettanto forti. Pistoletto offre all’essere umano la possibilità di ricucire un mondo spezzato dalla tecnologia, un mondo che ha reciso il legame con il proprio passato e dove si assiste a un continuo degrado culturale. Ma questo può accadere solo a patto che l’uomo ritrovi la consapevolezza di esserci, quel “Io sono” che egli esprime nell’arte moderna, nella quale si sente libero di essere.

 

Gli illimitati limiti della società contemporanea potremmo declinarli in molteplici aspetti: sociale, culturale, antropologico, politico. Ma l’arte rimane “l’illimitato” per eccellenza, dove tutto è immanente, infinito e trascendente. Pistoletto ricorda costantemente con le sue opere che l’uomo può ancora salvarsi, attraverso una costante ricerca del mistero che è contenuto e scaturito dalla materia stessa, della quale l’uomo è parte costituente. Non esistono pertanto confini tra l’installazione e chi la fruisce. Lo spettatore è parte dell’installazione stessa e continuamente viene richiamato a dialogare con essa.

Nella grande sfera di giornali, ad esempio, la palla viene sollevata da molteplici persone proprio per celebrare la cultura, la conoscenza e l’unione dei saperi.

Concludo con le parole di Natalia De Marco, Presidente di Dart – Chiostro del Bramante, che ha ospitato la mostra: Pistoletto è “un solo artista ineffabile impersonale, vero maestro del contemporaneo, che insegna a moltiplicarsi nelle diversità”.

 

Di Patrizia Caputo

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