La vita trova il modo di rivelarsi sempre sorprendente. Ti conduce, con incredibile sincronicità, fra le braccia di chi, proprio in quel preciso momento della tua esistenza, hai bisogno di incontrare. Poco importa che chi sei destinato a conoscere appartenga a questa dimensione o giunga a te da un tempo più o meno remoto. Può persino accadere di sentirsi empaticamente risonanti con qualcuno che non hai mai conosciuto di persona ma che ti penetra l’Anima e irrompe nel cuore con una tale presenza che ti sembra di averlo accanto.
È così che vengo attratta da una pagina Facebook che pubblicizza una mostra organizzata presso l’Ospedale di Lecco. Sarà per il luogo insolito in cui allestire un’esposizione, sarà per il titolo, “Annuncio da Nagasaki”, che mi lascia intendere un messaggio a me destinato, sarà forse per l’espressione del volto così serena e curiosa dell’uomo che è ritratto sulla locandina, Takashi Paolo Nagai, che non riesco a non cadere nella tentazione di presenziare a questo evento.
Del resto, già solo il sottotitolo della mostra, vale di certo una visita: “Per che cosa ho vissuto sino ad oggi? E per cosa vivrò d’ora in poi?”. Sono quelle domande che toccano corde che fino ad ora non hai mai osato sfiorare, ma delle quali sei curioso di sentire il suono che producono, la risonanza che hanno con il cuore, la vibrazione che rilasciano con il tuo Essere.
Arrivando alla mostra, scopro che è allestita all’aperto, sotto un portico dell’ospedale, quasi a voler fin da subito chiarire che la grandezza dell’uomo a cui ci si trova di fronte non possa essere rinchiusa dentro uno spazio limitato, non possa essere definita dentro confini prestabiliti, ma sia indispensabile lasciare che fluisca il più lontano possibile, disseminando a macchia d’olio un messaggio di cui oggi più che mai l’umanità ha un grande bisogno.
Quello a cui mi trovo di fronte è il cammino di un uomo vero, è un’esistenza instancabilmente vissuta dove ogni avvenimento diventa occasione di stupore e di conversione.
Takashi Paolo Nagai incontra la sofferenza in qualità di medico, la sperimenta in veste di malato, ne diviene testimone vivendo in prima persona l’esplosione della bomba atomica su Nagasaki. Un uomo che, per le esperienze vissute, dovrebbe essere invaso dalla rabbia, dal senso di ingiustizia e di impotenza e dall’odio. Ma Paolo Nagai incontra qualcosa che lo preserva da tutto questo e che lui stesso definisce come un bivio cui la vita lo pone di fronte: la fede cristiana. E a condurlo in questo viaggio verso la fede è stata proprio la sua inquietudine che lo ha spinto a cercare instancabilmente un senso al di là di ciò che si può vedere e toccare. Nonostante fosse un medico, appartenente all’ambito accademico, non si è mai accontentato di ciò che il mondo della scienza fosse in grado di proporgli: gli eventi che hanno scandito la sua esistenza lo hanno portato a compiere una ricerca esistenziale.
Nota dominante del suo cammino di uomo è infatti proprio la ricerca inesausta di verità e di significato che non gli dà tregua fino all’incontro con la comunità cristiana di Urakami e con la donna che diventerà sua moglie, Midori Marina. Quando il suo cuore si apre alla fede, matura in lui il desiderio di dedicarsi totalmente al servizio degli uomini attraverso la professione di medico e di scienziato; durante la guerra cino-giapponese e poi nel corso della seconda guerra mondiale assiste i feriti e lavora instancabilmente nel campo della radiologia, allora nascente, compiendo importanti ricerche sui raggi X, esponendosi alle radiazioni in continuazione. Viene colpito dalla leucemia e riesce a sopravvivere alla bomba atomica solo perché, all’istante del bombardamento, era in servizio in radiologia presso l’ospedale, in una zona protetta dal cemento armato. In quell’istante perde però tutte le persone a lui più care, tra cui la moglie Midori, di cui ritroverà i resti carbonizzati. La foto di ciò che resta del rosario di Midori, ritrovato da Paolo Nagai fra le macerie della loro casa, è una delle immagini più commoventi della mostra; mi restituisce un senso di qualcosa che va oltre la morte. Del resto Paolo Nagai diviene indiscusso testimone di come la fede e la speranza cristiane siano in grado di vincere la distruzione della guerra e della morte e riportare vita e pace in un mondo che sembrava annientato per sempre.
Il titolo del suo libro, “Ciò che non muore mai”, racchiude tutto il senso della sua esistenza vissuta alla ricerca di Dio che gli restituisce la capacità di accogliere il dolore, la sofferenza e le fragilità umane senza nessuna angoscia a amarezza, bensì come un’occasione per donare la sua vita al prossimo attraverso la cura e la vicinanza.
Ma Paolo Nagai si spinge persino oltre, indagando la dimensione dell’amore a sé stessi che rappresenta l’unica via per compiere un instancabile lavoro di ricerca della propria umanità per poter portare a compimento la propria essenza.
È da questa consapevolezza che nasce un altro capolavoro, il libro “Pensieri dal Nyokodō”, una piccolissima capanna di legno, di soli quattro metri quadri, costruita nel cuore del quartiere di Nagasaki ridotto in cenere dalla bomba atomica. Qui, Paolo Nagai trascorre gli ultimi anni della sua vita, in ricercata povertà materiale e di spirito, immobilizzato a letto dalla leucemia, ma in una corsa inarrestabile alla scoperta di sé e del significato della vita e della morte. Una corsa che molti di noi hanno smesso di agire e che invece rappresenta un elemento fondamentale in un’ottica di salutogenesi.
Termino la visita guidata della mostra e mi accorgo di avere un nuovo amico accanto, un insegnante premuroso, un maestro al servizio di Dio che sento possa accompagnarmi in questo tratto di strada lungo il mio cammino: Paolo Nagai.
Ma ancor più sorprendente diviene la trama che il destino tesse sul tessuto della mia esistenza quando scopro che la guida che mi ha narrato con così tanto amore e passione la storia di Nagai è un medico dell’ospedale di Lecco, specializzato in reumatologia, considerando che il mio cammino di rinascita, di scoperta dei misteri e della bellezza che la vita sottende, di incontro con Dio e con la fede, ha inizio con una diagnosi di fibromialgia proprio da parte di un reumatologo.
E allora non posso che concludere questo articolo con le parole di padre Mauro Giuseppe Lepori, che ha scritto la prefazione del libro di Takashi Paolo Nagai: “la trama della vita svela il Mistero che la tesse. L’uomo attento e intento scopre sempre di più che il Mistero è il Tessitore della sua vita. Scopre che la coscienza della trama della vita è la vera conoscenza di sé, la giusta coscienza dell’io che, nel dipanarsi del suo esistere, si scopre sempre di più tessuto da un Altro, da un Tessitore misterioso che riesce a continuare la sua opera e a portarla a compimento anche quando i fili si spezzano, vengono tagliati da forze esterne o bruciati da un nemico che sembra sempre all’opera per contrastare la tessitura di un’esistenza voluta dal Mistero… Sempre, in fondo, Nagai si ritrovò con stupore a scoprire che il Tessitore continuava instancabile a tessere la sua vita, teso a un compimento sempre più profondo e alto, quello di un amore che vince la morte e tutto il male che l’umanità possa commettere o subire.”
Elsa Roberta Veniani